Parco della pace

Il Parco della Pace è un vero e proprio museo all’aria aperta, in cui si possono ammirare le opere di mosaicisti italiani e stranieri contemporanei. Ideato nel 1980 dal mosaicista e scultore belga Claude Rahir, insieme a Isotta Fiorentini Roncuzzi,  fu inaugurato nel 1988. Il progetto urbanistico, in armonia con le opere musive, è stato elaborato dall’arch. Sergio Bianchini con la consulenza di Mario Manieri Elia.

Le tematiche ispiratrici del parco sono la pace e l’amicizia tra i popoli, simboleggiate dalle stesse opere degli artisti che, provenienti da diversi paesi ed eseguite con tecniche e materiali vari, danno voce a un messaggio universale di pace. La commissione internazionale che si è occupata della scelta degli artisti era presieduta da Giulio Carlo Argan e composta da Palma Bucarelli, Mario Manieri Elia, Achille Bonito Oliva e Pierre Restany. Vennero sollecitati a dare la loro disponibilità tutti i mosaicisti iscritti all’Associazione Internazionale Mosaicisti Contemporanei. Vennero individuati alcuni fra gli artisti mosaicisti più rappresentativi oltre a Mimmo PaladinoBruno Saetti ed Emilio Vedova che dovevano preparare i cartoni pittorici poi interpretati da mosaicisti. Solo il cartone di Paladino fu effettivamente eseguito dalle scuole ravennati: il cartone di Vedova è ora conservato al MAR e gli eredi di Bruno Saetti decisero, vista la morte improvvisa dell’artista, di donare un mosaico preesistente.

Jerry W. Carter è nato a Kansas City (U.S.A.) nel 1941.
Vive e lavora a Silver Spring, nel Maryland. Gli studi compiuti all’Accademia di Ravenna, l’approfondimento della manifattura della ceramica, le diverse esperienze artistiche e la perfetta conoscenza dell’arte del mosaico lo hanno condotto a realizzare quest’opera, che vuole rappresentare il legame tra l’antica estetica bizantina e quella contemporanea.Carter è interprete di un moderno messaggio di salvezza, ma non la salvezza cristiana dell’arte bizantina, la salvezza sulla terra. La prima cosa che colpisce nel suo mosaico La Seconda Genesi è la lucentezza dei colori ma anche il movimento della composizione. Nonostante l’artista suggerisca due interpretazioni, vita e morte, il messaggio finale è positivo, di fiducia nella capacità degli uomini di adattarsi in modo costruttivo a una visione del futuro proiettata nell’esplorazione dello spazio. Questo mosaico va visto come l’interpretazione artistica delle immagini della terra, trasmesse dalle missioni spaziali. I cerchi bianchi su tessere e ceramiche blu cupo, suggeriscono la visione del sistema solare; una curva geometrica indica il nostro pianeta; un’area a superficie riflettente esprime l’energia che sprigiona l’incontro tra materia e antimateria ai limiti dell’universo; una lingua di fuoco ricorda la minaccia atomica della distruzione totale.

Margaret L. Coupe (1922 – 2007) ha abitato in un paese geograficamente agli antipodi dell’area mediterranea, in Nuova Zelanda, a Kaikohe, lontana dalle scuole di mosaico, dalle conoscenze ereditate dalla tradizione artistica mediterranea e dai punti di produzione degli smalti musivi. Con l’opera Un Pacifico libero dall’atomica ha mostrato di conoscere i materiali musivi, giungendo ad una personale sperimentazione che l’ha portata a fabbricare personalmente le tessere di argilla cotta e invetriata. L’opera illustra un fatto di cronaca: denuncia, infatti, le prove atomiche al largo delle coste della Nuova Zelanda. Il sentimento di pace viene evidenziato dal forte contrasto di materiali e di colori fra la parte che descrive la guerra e quella dove la volontà di pace ha il sopravvento. Una nube rosso sangue è concentrata in un solo punto attorno a navi da guerra e a uomini in uniforme, i cui visi sono scolpiti in una sola tessera. La volontà di pace dell’intera umanità pare dilatarsi in una sequenza interminabile di tessere liquide verdi e azzurre, che si illuminano con punti di luce bianchi, rosa, gialli. Le gigantesche balene, prime vittime delle radiazioni, sembrano ripopolare il grande Oceano Pacifico e prestano la linea del dorso quale riferimento al moto ondoso del mare. Una diffusa tonalità di verde circonda una vela bianca, che, al centro del mosaico, risplende di luce.

Josette Deru è nata nel 1931 a Lyon, in Francia. Vive e lavora a Saint-Etienne.
Il suo mosaico L’Albero della Vita si presenta con la semplicità e l’incantesimo di una favola. La luce viene riflessa da tutta la superficie musiva con una intensa dolcezza. L’opera è composta da materiali lapidei di varie dimensioni forma e spessore, quasi ad evidenziare il legame dell’uomo con la sua terra. Le tessere di granito della Corsica danno forma al fusto, ai rami e ai corpi dei personaggi. Gli uccelli sono resi con smalti brillanti: rosa, azzurro, viola, rosso, blu. Ancora smalti danno vivacità alle foglie: il loro colore esprime i ritmi delle stagioni. «La pace è la vita – dice l’artista – e il miglior simbolo della vita per me è l’albero. [Ho voluto mostrare] dei giovani sotto i suoi rami protettori [che] mettono a dimora delle pianticine».

Alexandr Kornooukhov è nato nel 1947 a Mosca, città dove vive e lavora.
La sua opera L’Uomo e la Natura rappresenta una stele in cui il mosaico entra armoniosamente nella scultura. I materiali utilizzati: sassi, marmi e smalti, sono stati minuziosamente scelti dall’artista.
«Ciò che importa – dice Kornooukhov – è il processo di creazione artistica, che inizia sin dalla scelta del materiale. Il mosaico deve essere vivo, deve avere una funzione monumentale di sintesi. L’utilizzo della pietra naturale serve a rappresentare i momenti della realtà quotidiana, valorizzando la materia, che si contrappone alla spiritualità dell’opera espressa dalla luce dell’oro e degli smalti blu, rossi, marroni».
All’esecuzione del mosaico ha partecipato anche lo scultore sovietico Alexandr Alalov.

Edda Mally è nata nel 1938 a Vienna, dove vive e lavora. Il suo mosaico Le Ali della Pace è una scultura alta circa quattro metri raffigurante un’ala di colomba che si libra verso l’azzurro del cielo, accanto ad una ala spezzata e dalle tonalità più scure, che rappresenta l’assurdità delle guerre con tutti i suoi orrori. I progetti esecutivi dell’opera, i calcoli riguardanti la staticità, la stabilità e la rigidità sono stati eseguiti da Heinz Czezik-Miiller. Per i colori sono stati utilizzati gli smalti di Murano. È interessante l’impiego di barre di cristallo nel profilo superiore dell’opera per renderlo più acuminato. La luce del sole nei diversi momenti della giornata produce effetti ottici differenti, che contribuiscono all’animazione dell’opera. «La pace è un simbolo – dice l’artista – per un pensiero filosofico. Il mosaico è per me la forma d’arte perfetta per questo “segno di pace”, perché è il medium artistico più resistente che abbiamo, e la pace dovrebbe essere il bene più “resistente” che esista».

Mimmo Paladino è nato nel 1948 a Paduli, vicino a Benevento. Vive e lavora nella sua città e a Milano.
«Il lavoro è stato pensato – dice l’artista – non come segno cromatico nel tessuto architettonico naturale, ma come pedana poetica, simbolica, praticabile, raccoglitore di pioggia; quindi un segno di vita». Monumentale mosaico pavimentale in marmi e smalti, sviluppa il tema dell’albero della vita, tanto caro all’immaginario medievale, con l’inserimento di figure dal sapore arcaico tipiche dell’arte di Paladino: figure umane, animali, segni e ombre, simboli e maschere, che vanno oltre la storia della natura e la storia dell’uomo. Albero della Vita è un’opera di grande significato artistico e pienamente attuale: a situazioni di oggi si sommano ricordi, paure, immagini di un domani, che potrebbe essere solamente un ricordo di vita.
Il mosaico è stato realizzato sotto la direzione di Carlo Signorini da studenti delle scuole di Ravenna: Accademia di Belle Arti, Istituto Statale d’Arte per il Mosaico “Gino Severini”, Centro di Formazione Professionale “Albe Steiner” e da studenti del “Lycée d’Enseignement Professionnel” di Morcenx (Francia).

Claude Rahir è nato a Verviers nel 1937, in Belgio, ed è morto a Nodebais nel 2007. Dopo studi di filosofia che lo avvicinarono alla cultura orientale, scelse di lavorare molto in Giappone, dove creò mosaici a grandi elementi lapidei, che si inseriscono perfettamente nel paesaggio, arricchendolo di elementi rocciosi naturali. «Amo le pietre, amo la loro storia, amo la luce». Per lui le pietre avvicinano al modo orientale di intendere i rapporti con la natura, richiamando le composizioni Zen di meditazione.
Segno di pace e di amicizia è una composizione-paesaggio a ciottoli, ghiaia e cristalli. Gli elementi lapidei sono giunti a Ravenna da ogni parte del mondo: Grecia, Isole del Pacifico, Antartide, Bolivia, Polonia, Perù, Turchia, Germania, Giappone, Spagna, Belgio, Colombia, ecc.
Il mosaico, disposto ad emiciclo, ha al centro un grande cubo di marmo di Carrara dal quale esce l’acqua che l’avvolge in ogni parte fino a scendere nella vasca-fontana. Il cubo appare come sospeso su una lamina di cielo riflesso.

Bruno Saetti è nato a Bologna nel 1902 ed è morto nel 1984.
Nel 1981 nel Palazzo Pretorio a Prato inaugurava la mostra I mosaici della Cappella degli Angeli a Montepiano, in cui ricreava l’atmosfera silenziosa e solenne della Cappella della Casa del Mulino. La Cappella è in realtà un grande ovile di un antico mulino che Saetti aveva comprato. Saetti dopo aver sistemato la casa, lo studio e il terreno aveva pensato all’ovile come luogo di raccoglimento, di preghiera. Nel 1976 Saetti comincia a elaborare il suo progetto per la decorazione delle massicce pareti in pietra della cappella: l’unica cosa certa è la tecnica che l’artista vuole usare, il mosaico. Infatti la superficie musiva dalle tessere inclinate risponde alla luce naturale nel suo variare da un’ora all’altra, in maniera sempre diversa. La prima idea per la parete centrale è un grande sole squarciato dall’occhio divino e attraversato da una miriade di angeli che scendono a proteggere l’umanità. Sarà poi il San Michele sovrastato dal grande sole divino che occuperà la parete centrale. L’arcangelo Michele è sempre stato amato dall’artista: è l’angelo guerriero che sconfigge il male e apre ai morti le porte dell’eternità, protettore e tramite salvifico con Dio. L’angelo è un giovanetto che si poggia tranquillamente sul demonio, non tiene spade o lance tra le mani, ma alza la mano destra in segno di pace. Le grandi ali spiegate accese dai vetri celesti sembrano rassicurarci sul nostro umano destino. Il mosaico, dono dei figli Brunella e Riccardo Saetti alla città di Ravenna, è stato collocato nel parco dalla Cooperativa Mosaicisti sotto la direzione di Sergio Cicognani.

L’opera senza titolo di Akomena Spazio Mosaico viene commissionata per arricchire l’esposizione permanente di mosaici di artisti contemporanei e fu realizzata nel 1990. L’originale da cui è tratta l’opera è un francobollo disegnato dall’Accademia di Belle Arti di Ravenna e stampato dalla Zecca dello Stato in 4 milioni di esemplari. Il mosaico che riproduce il francobollo presenta una tessitura di elementi lapidei di grandi dimensioni, che esasperano l’effetto di ingrandimento del minuscolo originale. Questa peculiare scelta stilistica è distintiva dell’Istituto Professionale Albe Steiner (1983 – 1990), che ha ideato e realizzato diverse opere con la stessa modalità di esecuzione. Essa nasce dalla volontà di evidenziare la natura frammentata del mosaico anche ad una osservazione a distanza e dalla ricerca di una forma moderna di citazione dell’antico opus musivum.